venerdì 1 ottobre 2010

I Rom non sono Romeni

Ci è stato richiesto più volte di pubblicare la pagina sottostante, ma non eravamo convinti di farlo, in quanto non è un argomento strettamente collegato ai temi trattati nel blog, tuttavia ci è stato fatto presente che ad Aprilia vi è una forte presenza di persone di etnia rom e sinti, percui sarebbe stato un articolo di grande interesse per i nostri visitatori. Premettiamo che non garantiamo l'esattezza dei dati forniti e che l'articolo rispecchia esclusivamente il punto di vista dell'autore. Buona lettura...

Errori, ignoranza e pregiudizio sono alla base della confusione  secondo cui gli zingari provenienti dalla Romania e Romeni siano la stessa cosa. Tg e giornali fanno si che l’italiano medio cada sempre di più in tale errore , ed ecco che le identità Rom diventano Romene. I Rom non sono Romeni
di Costel Antonescu
Gli zingari in Italia, come nel resto del mondo, rappresentano una comunità eterogenea, dalle mille sfumature e dalle mille espressioni. Mille sono anche gli anni della storia degli zingari divisi essenzialmente in tre gruppi principali:
Rom, Sinti e Kalé (gitani della penisola iberica). A questi gruppi principali si ricollegano tanti gruppi e sottogruppi, affini e diversificati, ognuno con proprie peculiarità. Essi hanno un’origine comune, L’india del nord e una lingua comune, il romanès o romani chib diviso in svariati dialetti. L’opinione pubblica, che dei Rom e Sinti conosce poco o niente, tende a massificare e a confondere i diversi gruppi zingari, soprattutto tende a condannare e ad emarginare senza capire.
La popolazione zingara in Italia rappresenta lo 0,16% circa dell’intera popolazione nazionale essendo stimati in un numero di persone compreso fra le 80.000 e le 110.000 unita. Sono presenti solo Sinti e Rom con i loro sottogruppi. I Sinti sono soprattutto insediati nel nord dell’Italia e i Rom nell’Italia centro-meridionale. Essi rappresentano gli zingari di antico insediamento a cui hanno aggiunti vari gruppi zingari di recente e di recentissima immigrazione. Circa 1’80% degli zingari che vivono nel nostro Paese hanno la cittadinanza italiana, il 20% circa e rappresentato da zingari extracomunitari, soprattutto provenienti dai territori della ex-Jugoslavia. Circa il 75% e di religione cattolica, il 20% di religione musulmana e il 5% raggruppa: ortodossi, testimoni di Geova e pentecostali.
L’arrivo in Italia
L’origine indiana degli zingari si è scoperta nel XVIII secolo attraverso lo studio della lingua zingara. Con lo studio filologico si è potuto ricostruire ipoteticamente l’itinerario seguito dagli zingari nel loro lungo cammino in quanto essi prendevano a prestito parole dai popoli con cui venivano a contatto. Dall’India del nord sono arrivati in Europa attraverso la Persia, l’Armenia e l’Impero Bizantino. Dai Balcani si sono diramati in tutta Europa, arrivando anche in Russia e, con le deportazioni, nelle Americhe e in Australia.
Sono molti gli studiosi che credono che i Rom abruzzesi, fra i primi gruppi zingari arrivati in Italia, siano arrivati attraverso l’Adriatico provenienti dalle coste albanesi e greche, probabilmente per sfuggire alla repressione dei turchi ottomani. A sostegno di tale tesi si e fatto riferimento all’assenza nella parlata dei Rom abruzzesi di termini tedeschi e slavi. Ma si può obiettare: i turchi ottomani conquistarono tutta la Grecia e l’attuale Albania fra il 1451 e il 1520 (L. Piasere), mentre i Rom in Italia arrivarono molto tempo prima (il primo documento che attesta l’arrivo degli zingari e del 1422 ma ci sono molti indizi che inducono a credere che i Rom arrivarono ancora prima); i Rom abruzzesi hanno nella loro parlata sia termini tedeschi come tiÒ, glàse, brèg (ted. tiÒch = tavolo, glas = bicchiere, berg = montagna), sia termini serbo croati come plaxtà = lenzuola (s.c. phahta), niÒte = nulla (s. c. nista), a Òtar = catturare, afferrare (s.c. staviti), nikt (nikkete) = nessuno (s.c. nikto), a pukav. = fare la spia, denunciare (s.c. bukati), po (pro) = per (s.c. po); inoltre, perché i Rom con le loro carovane avrebbero dovuto viaggiare per via mare, via a loro scomoda, inusuale e all’epoca minacciata dai turchi, se per secoli avevano dimostrato di spostarsi con sicurezza e rapidità per via terra?

L'emblema dei Rom
Tutto ciò induce a credere che il grosso dei Rom abruzzesi sia arrivato in Italia dal nord per via terra, proveniente, dall’Albania o dalla Grecia, attraversando la ex-Jugoslavia e territori di lingua tedesca. Non è da escludere che effettivamente piccoli nuclei siano arrivati in Italia attraverso l’Adriatico assieme ad altre minoranze come Serbo -Croati e Albanesi. Tutto è comunque ancora da provare. Da questa piccola introduzione si può ben comprendere come sia difficile ricostruire la storia dei Rom sia perché i documenti a disposizione sono pochi ed incompleti sia perché i Rom non hanno lasciato nessuna testimonianza scritta. La storia dei Rom é una storia che non nasce dall’interno della sua comunità proprio perché essi rappresentano un popolo senza scrittura che affida alla “memoria” e alla tradizione orale il compito di trasmettere la propria storia e la propria cultura.
La storia dei Rom è fatta dai Caggé (non zingari) attraverso le osservazioni di quanti ai Rom si sono in qualche modo interessati per la curiosità e la meraviglia che suscitavano o attraverso le disposizioni delle autorità pubbliche. Così dalla lettura delle Cronache del XV secolo si possono ricostruire sommariamente gli itinerari seguiti dagli zingari in Europa. Il primo documento che segnala l’arrivo degli zingari in Italia è quello del 18 luglio 1422, un’anonima cronaca bolognese contenuta nella Rerum Italicarum Scriptores di Ludovico Antonio Muratori: “A di 18 luglio 1422 venne in Bologna un duca d’Egitto, il quale aveva nome Andrea, e venne con donne, putti e uomini del suo paese, e potevano essere ben cento persone…… ” Dalle “grida” e dai bandi che dal 1500 si sono susseguiti fino al 1700 si possono dedurre le politiche attuate dalle autorità nei confronti degli zingari: politiche di espulsione, di reclusione, di repressione, di deportazione, ovvero politiche votate al più completo rifiuto. (Attualmente siamo nella fase della politica di assimilazione).
I Rom abruzzesi
I Rom abruzzesi, con cittadinanza italiana, rappresentano dunque uno dei primissimi gruppi zingari arrivati in Italia e grazie alla lunga permanenza sono relativamente più inseriti nel contesto sociale ed economico della società maggioritaria rispetto ad altri gruppi di recente immigrazione. In passato le attività principalmente esercitate erano quelle che lasciavano spazio all’essere e alla creatività e quelle che facilitavano i rapporti umani. Da qui l’attività di musicisti, di fabbri calderari, di commercianti di cavalli, di lavoratori di metalli. Il progresso tecnologico, il boom economico, lo sviluppo delle attività industriali hanno soppiantato le attività tradizionali e la maggioranza dei Rom ha dovuto operare una riconversione economica, ma il modo di porsi di fronte alla vita e di interiorizzarla e soprattutto la struttura sociale dei Rom e rimasta nei secoli pressoché immutata.
L’istituzione fondamentale su cui si regge la società romanes e la famiglia, intesa nel senso più ampio, come gruppo cioè che si riconosce nella discendenza da un antenato comune. Da sempre oggetto di violenza i Rom hanno rafforzato i rapporti endogamici e i vincoli di solidarietà familiare, mantenendo invece verso l’esterno un atteggiamento ostile. Vi è in questo un profondo senso di sfiducia e un’intima esigenza di difesa. Il sistema sociale e vissuto nelle profonde componenti umane, basato essenzialmente sul severo rispetto delle norme etico-morali che regolano e disciplinano la comunità romanes per garantire ai singoli individui la piena integrazione. Essi tutelano la dignità e l’onore del Rom. Non esistono classi o gerarchie sociali se si esclude quella semplicistica di ricchi e poveri, cosicché anche il più ricco e in relazione con il più povero e viceversa in base ad un principio di eguaglianza che riflette una ottica di vita di tipo orizzontale.

Santino Spinelli, un Rom abruzzese
In questo contesto il Rom abruzzese si sente parte di una totalità singolare che lo porta a differenziarsi sia dai caggé (non zingari) sia dagli altri gruppi zingari (Rom stranieri, Sinti, Kalé). ciò si traduce in un proprio stile di vita con modi proprio di esprimersi e di comportarsi. Alcune norme sono vincolanti, ad esempio: alle romniá abruzzesi non e assolutamente consentito dall’etica romanès di fumare, di indossare pantaloni, di truccarsi, di indossare costumi da bagno al mare, di giocare d’azzardo. Le donne che vogliono avere una buona reputazione ed intendono essere rispettate dai Rom si adeguano al rispetto di tali norme morali, che non le confonde con gli altri. Un Rom si sente perfettamente sicuro in seno alla sua comunità, costituita dall’insieme di tanti singoli gruppi parentelari dove non esistono né regine né tantomeno re come invece tende a far credere il sensazionalismo giornalistico che copre con la fantasia e l’immaginazione le proprie carenze informative.
In mondo romano vien perciò presentato o in termini mitologici o in termini criminalizzanti, l’una e l’altra forma sono delle distorsioni che alterano il mondo zingaro producendo stereotipi negativi e pregiudizi di cui i Rom restano vittime. La sicurezza del Rom deriva dalla tradizione che lo pone sicuro di fronte al futuro e dalla coesione, che lo pone sicuro davanti all’imprevedibile. Tutto ciò si traduce in un forte equilibrio psicologico. Le relazioni ben strette fra educazione, coesione ed equilibrio psicologico sono minacciate con i contatti conflittuali esterni. Si pensi ad un bambino Rom che frequenta la scuola pubblica: entrare a contatto con una realtà che presenta dei modelli di vita funzionale alla società maggioritaria a cui e difficile per lui adattarsi, gli provoca inevitabilmente uno smarrimento in quanto è costretto ad operare una difficile scelta che nella maggior parte dei casi lo induce a ripercorrere la strada degli affetti familiari; da adulto mostrerà un atteggiamento ostile verso quella società non ancora preparata ad accoglierlo se non attraverso l’assimilazione.
Lo stesso dicasi dei matrimoni misti in cui l’individuo esterno viene a rappresentare un elemento di disturbo se non riesce ad integrarsi. Il cardine della struttura sociale dei Rom e la famiglia patriarcale, dove il vecchio, considerato saggio, ne é rappresentante riconosciuto. Ci sono Rom che vengono esclusi per le loro pessime qualità morali, sono considerati “gavalé” e sono derisi e scherniti. I frequenti contatti all’interno del mondo romano hanno da sempre attivato una fitta rete di comunicazione interna che porta i Rom ad essere a1 corrente di ciò che accade a famiglie zingare anche molto distanti. I mass media rappresentano oggi, assieme alle organizzazioni tentacolari pseudo-zingare, la più grande minaccia all’esistenza dei Rom poiché infondono modelli di vita che allontanano i giovani dalla tradizione facendo allargare le maglie delle relazioni sociali e familiari, creando anche nuovi gusti e nuove esigenze che alterano l’etica romanès e che infondono nei Rom l’arrivismo e la necessità di possedere a tutti i costi il superfluo. Da qui le attività illecite. I Rom non preparati alla maniera dei caggé, cadono nel tranello. Cerchiamo ora di capire e di conoscere alcuni aspetti fondamentali della cultura e della vita dei Rom abruzzesi: la lingua, il sistema giuridico, la festa (fidanzamento e matrimonio), la morte.
La lingua
La lingua dei Rom abruzzesi detta “romanès” o “romaní chib” è strettamente imparentata con le lingue neo-indiane e conserva ancora fedelmente un gran numero di vocaboli di origine indiana. La lingua romani è arricchita di imprestiti persiani, armeni, greci, serbo-croati, di alcuni vocaboli tedeschi e di elementi dialettali dell’Italia centromeridionale a testimonianza dell’itinerario seguito dai Rom nel lungo cammino iniziato dal nord-ovest dell’India verso occidente.
Tratto da “Il Mondo dei Rom” di Santino Spinelli

Link della fonte: www.gexplorer.net/notizie/2010/10/i-rom-non-sono-romeni

Inciviltà diffusa


Cumoli di "monnezza" lasciata a terra, quando di fronte ci sono i cassonetti per i rifiuti vuoti.

Perchè mai lasciare l'immondizia sotto a questi 2 contenitori? Cosa caspita c'entrano? Quello di colore GRIGIO SCURO è esclusivamente per le PILE USATE (volgarmente chiamate batterie) e quello VERDE è per le BOMBOLETTE SPRAY, è inspiegabile che la comune spazzatura venga lasciata per strada a fianco ai suddetti contenitori. Questo è un triste spettacolo che si presenta puntualmente in Via Carducci. E' così complicato gettare la spazzatura nel secchione? Meglio avere una città indecorosa?
SVEGLIA!!!

Dieci cassonetti a fuoco in centro

Fonte Latina Oggi: www.latina-oggi.it


Povera Aprilia, ne succedono davvero di tutti i colori, amiamola 'sta città!

mercoledì 29 settembre 2010

Raccolta differenziata, l'esempio tedesco e svedese...

Siamo convinti che per molti aspetti l'Italia (almeno quella che noi conosciamo, non abbiamo la presunzione di parlare per tutta la nazione) sia un paese arretrato, infatti, se solo avete avuto la fortuna di girare un pò per gli altri paesi occidentali, vi sarete certamente accorti del divario che c'è tra noi e quelle nazioni. Non facciamo di certo eccezione per la raccolta e smaltimento dei rifiuti urbani, basta vedere questi 2 filmati, in cui è sufficente un pò di buon senso per escogitare un metodo geniale di raccolta differenziata.

In Germania circa 20 Cent per ogni bottiglia di plastica riconsegnata nei contenitori automatizzati...solo qui da noi la spazzatura è un problema, altrove è un guadagno e l'ambiente è veramente pulito. Non ci dovremmo vergognare? Basterebbe copiare cose già inventate! Guardate il filmato...


Il Video qui sotto è stato girato in Svezia, anche nel paese scandinavo si ricevono dei soldi in cambio di spazzatura...


Nelle fotografie in basso invece siamo ad Aprilia, nelle due immagini potete ammirare i contenitori per la raccolta differenziata. Ora giudicate voi le differenze...


martedì 28 settembre 2010

Sempre meno prati sempre più monnezza

Di nuovo in Via Prati, nei pressi del ponticello della linea ferroviaria Roma-Nettuno, per constatare l'assoluta inciviltà da parte di alcuni cittadini e l'inspiegabile inerzia da parte di chi ha il potere di intervenire, ma evidentemente non lo fa. Scene scandalose, indegne, vergognose, squallide, e chi più ne ha più ne metta...siamo in Europa? Ma dove??? Questa dovrebbe essere semplicemente una stradina di campagna, invece è diventata una discarica abusiva per il deposito di materiali di ogni tipo e dimensione, in qualche caso anche perisolosi, senza che alcuno prenda iniziative serie e risolutive, dure ed impolari, che possano mettere un freno a questo disastro. Cari amministratori, volete rimanere ancora alla finestra? Non sentite l'obbligo morale ed istituzionale di intervenire? Stesso discorso vale per tutte le discariche presenti sul territorio, che vanno combattute senza quartiere, senza se e senza ma... Spesso c'è qualche cittadino che interviene in modo tutt'altro che efficace, dando semplicemente alle fiamme il cumolo di rifiuti ammassato sul bordo della strada, aggravando ancora di più la situazione, inquinando l'aria e contaminando il terreno nel quale vanno a depositarsi le ceneri di quei rifiuti. E' ora di dire basta a questo scempio non legalizzato, ma comunque fin troppo tollerato ad Aprilia.


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lunedì 27 settembre 2010

La pantegana apriliana


Nemmeno in prossimità della festa che partirà il 29 Settembre, Aprilia riesce a darsi un volto di una città civile. Ecco cosa era possibile ammirare oggi in Via Luigi Pirandello, angolo Via Giosuè Carducci: Un bel ratto morto al bordo della strada!

MARCIAIMMONDIZIA

Considerato il vostro amore per Aprilia ed il vostro interesse per cercare di migliorarla, vi invio una foto scattata questa sera (ieri ndr) alle 19,30 in via Rossetti. Passo di là 2 volte al giorno per far camminare mio marito reduce di un ictus. Via Rossetti sarebbe la strada ideale in quanto poco trafficata, ma raramente possiamo arrivare da via Trieste fino alla farmacia Nencini senza dover scendere dal marciapiede. Ma può essere che ci sia tanta inciviltà nel 2010? Grazie,
Elena